PLUS ULTRA

 

Curate il marciume dell’avidità

nel vostro cervello

facendo cose non per profitto,

ma per il benessere altrui!

Varg Vikernes

 

L’uomo nella contemporaneità si occupa primariamente di mera materialità. Un’attenzione nevrotica a tale dimensione del vivere ha cancellato ogni attenzione al resto. In un mondo votato solo a vuota socialità materiale e consumistica, l’attenzione allo spirito[1] diventa una sorta di attributo da iniziati. I tempi della riflessione infatti non combaciano assolutamente con quelli della convivialità. La simpatia è divenuta l’unico modello di legame tra gli uomini. Luoghi comuni su luoghi comuni accompagnano il nostro esistere, chi cerca di confrontarsi con altro deve scontare come pena su questa valle di lacrime la solitudine o una sorta di follia[2] che non sempre trova forti convincimenti per resistere. Il patimento è una delle certezza della vita dell’uomo, così come non potersi accontentare di quello che si percepisce attorno. La complessità di queste sensazioni ha sicuramente fomentato derive molto diverse in quel contesto cristiano[3] a cui si è finora raffrontata maggiormente la nostra civiltà. In tempi di rinnegamento continuo del passato in nome di una tracotanza di contemporaneità, l’uomo si modella[4] e collega con tanti ma rimane, in realtà, sempre più solo[5] di fronte alla propria finitudine[6]. L’empatia[7] diventa il nuovo fenomeno di connessione con il prossimo, dimenticando sovente che, dietro la carne[8], permane, infatti, sempre lo spirito che, sovente con giusta cognizione, prevarica come senso nel mondo il primo. Questo assunto di derivazione religiosa si eclissa o secolarizza[9] costantemente però nei meandri di una contemporaneità che cerca verità oggettive[10], con scarse possibilità di essere recuperato. Permangono, soprattutto in ambito laico, dei confronti con la divinità[11] che sormontano l’angoscia imperante che abita il mondo[12]. L’uomo pare aver abdicato alla propria ricerca di saggezza[13], in nome di un oblio di qualsiasi intelligenza che si riverbera in una modalità d’illusione della realtà che non lascia spazio a modalità per oltrepassarla[14]. Ci accontentiamo della realtà, senza cercare di andare oltre o alla ricerca di qualcosa di differente. In fondo non si può non essere d’accordo con E. M. Cioran quando afferma che « l’apocalisse è presente di fatto, nelle preoccupazioni quotidiane di tutti »[15]. La pochezza concettuale dell’essere contemporaneo massificato [16]è ben sotto gli occhi di ogni uomo dotato di variegate concezioni sull’attualità. Il tempo, in nome dei social network e di media onnipresenti, perde continuamente di profondità di senso[17], diventa problema esistenziale[18] perché allarga solo un’emarginazione amplificata[19]. Tale situazione d’imperante tecnologia[20], sicuramente ineludibile[21], sta smantellando ogni tradizione in nome di una ricerca di perfezione, sovente inutile[22], e non smetterà di sconvolgere le attuali o precedenti consuetudini di vita[23]. In nome del mercato[24] si tende poi ad annullare ogni differenza tra le varie umanità che sussistono a vario modo su questa terra[25]. La ricerca artistica, che dovrebbe sostenere tale assunto[26], in realtà « si consegna al dominio della tecnica e del capitalismo finanziario rinunciando alle proprie aspirazioni »[27] .Uno dei compiti dell’arte invece dovrebbe essere un confronto con questo universo dominato dalla tecnica[28]. Non è sbagliato pensare che per essere contemporanei si deve provocare uno scarto rispetto all’esistente, anche cercando contatti con epoche lontane e utilizzando il crossover[29]. Il senso dell’eternità è ormai senza senso[30], l’intelligenza artificiale[31] rischia poi di sostituire completamente l’umanità[32]. Per essere veramente contemporanei non si può però non vedere il buio che attraversa l’attualità. Proprio in mezzo a tale oblio non può mancare un discernimento di luce proveniente dai tempi precedenti all’attuale. Solo così la contemporaneità può essere letta con competenza[33]. La nostra storia culturale e religiosa ci presenta esempi di commistione tra natura e sacralità[34] che non possono lasciarci indifferenti, evidenti segni di una specificità dell’ecosistema[35] e dell’uomo[36]. Un nuovo contatto con la natura in rapporto con la dimensione ultraterrena[37], in tempi in cui il sacro[38] è  lasciato pericolosamente libero[39], può indicarci nuove vie di senso. Il sacro può infatti anche rappresentare, da un punto di vista extra-religioso, una piena riconoscenza nell’altro come un eventuale che non si può conchiudere nella mera concretezza[40]. Certamente il movimento romantico ha stabilito connessioni molto forti di trascendenza tra l’uomo e l’ ambiente[41], anche in riferimento al concetto di sublime[42]. R. W. Emerson sottolineò che quando l’uomo prosegue buoni fini è in contatto con la natura e, tutto ciò, ha un che di divino. L’autore sostiene che l’uomo avulso dal paesaggio è alieno anche a Dio. Grazie alla natura l’essere può sperimentare anche la bellezza[43]. Tale dimensione esistenziale porta alla nostra più alta felicità[44].  Henry David Thoreau, autore vicino a Emerson, manifestò devozione e meraviglia verso l’ambiente, proponendone un’interpretazione che andava oltre il mero fenomeno[45]. Il paesaggio incontaminato, l’eterna potenza vitale della foresta erano tutte apparizioni che aiutavano l’essere a pensare con meraviglia al creato[46]. La natura, in special modo il bosco, divenne nel secondo dopoguerra un luogo dove sfuggire al controllo della tecnica per Ernst Jünger[47]. Nella controcultura novecentesca ci fu sicuramente un recupero dell’ambiente nella sua concezione più vicina al sacro[48]. Ormai è difficile considerare la natura come sola manifestazione del divino, così come è errato pensare che la scienza dimostrerà totalmente l’infondatezza di un simile pensiero [49]. In fondo la consapevolezza dell’esistere è un’esperienza sacra alla portata di tutti[50] e, riguardo lo studio delle grandi religioni, tutte hanno un riferimento a tale dimensione[51]. Nonostante la tecnica pensi che l’orizzontalità non abbia più segreti, permane intorno e sotto di noi un senso d’eterno che possiamo guardare con una percezione divina. Il desiderio di verità da parte dell’uomo pare offuscare tale spettacolo ma non è l’esteriorità che si richiama al sacro bensì l’interiorità di un’esistenza votata alla fragilità[52].  Il soprannaturale può perciò manifestarsi anche per mezzo della natura[53] oppure la contingenza può soggiacere ad intersecazioni tra terreno e divino[54], anche se il sacro può avere peculiarità differenti da quelle ordinarie[55]. Per il turista globale dell’attualità, abituato più ad un viaggiare mediale che reale ed avere un approccio primariamente culinario verso le culture e i luoghi altri, nominazioni come vetta immacolata o paradiso sono l’unico riscontro secolarizzante per quella comunanza tra natura e religiosità che ha attraversato le generazioni. In fondo la natura, per usare le parole di Demetrio Paparoni, si manifesta come una delle « cose più semplici del mondo circostante, le quali costituiscono una sorta di vuoto stilistico, ovvero possiedono un valore intrinseco indipendentemente dal contesto da cui provengono o a cui sono rapportate. Nello spettatore si vuol far riaffiorare così la coscienza di sé: l’opera è lo specchio nel quale potersi riconoscere, prima tappa del cammino di quanti aspirino a riappacificare anima e corpo»[56].  L’uomo contemporaneo, impaziente di continue novità, sovente non capisce che il sostrato è sempre lo stesso. Permane in Sergio Padovani un lavorio da lungo tempo sulla dimensione ultraterrena in confronto con l’attualità. Proprio perché la contingenza trova parecchie inquietudini esistenziali, diventa obbligatorio spaziare lo sguardo e la mente verso un’alternativa possibile. Tale confronto verso l’ulteriore può calibrare differenti esemplificazioni concettuali ed immaginifiche. Qui parte questa ricerca ma poi si amplifica in modo consistente. Partendo dal dato naturale della zona ospitante l’esposizione e situando in tale rimando paesaggistico una serie di manifestazioni del divino, l’autore colloca una peculiare ricerca che si confronta incessantemente con la storia e la cultura. Non è sbagliato considerare che Sergio Padovani, nelle proprie elaborazioni, si confronti con una dimensione che, trascendendo la mera contingenza, si muove nei meandri del sublime[57]. Questa categoria estetica, con un passato importante ed un continuo rinnovarsi in molteplici dilatazioni, situa un operare al limite tra ideale e materiale che non è da tutti toccare con competenza. Il limite della contingenza viene superato dall’autore[58], cercando di confrontarsi con il designare quello che è inesprimibile[59]. Le rappresentazioni elaborate si presentano in una dimensione tangente allo spettrale, proprio perché, in tempi di realtà aumentata, i residui, i numerosi richiami alla storia diventano fantasmatici[60]. Questo non sta a significare che tali concezioni in figura vogliano essere terrorizzanti. Questa sarebbe una visione completamente errata. Proprio nella peculiarità di visione che richiama materiale e spirituale, due mondi per nulla distinti ma difficilmente circoscrivibili, si acuisce il portato ideale della materia esplorata. Si parte dalla natura per arrivare alla santità, senza però fossilizzarsi in questa possibile ascesa. La ricerca di Sergio Padovani infatti ritorna incessantemente nella materia del vivere. La dimensione umana si beatifica nel territorio in un’idea di museo diffuso che si riverbera in ogni singolo individuo attento alla contingenza non limitante. In fondo la vita, ancora di più nella dimensione senza alcun senso attuale, è una questione di libertà, nel giogo incessante tra formalità sociale e qualità di esistere che esce dal collettivo[61]. Quindi: andare oltre.

STEFANO TADDEI

[1] Tale esperienza non è facilmente trasmettibile tramite i canoni attuali di comunicazione. Spirito è infatti sovente conoscenza che si muove tra finito ed infinito. Vedi Prefazione in Marco Vannini, Introduzione alla mistica, Editrice Morcelliana, Brescia, 2000, p. 7-9.

[2] Secondo Martin Heidegger, ” Il presagio del sacro esperisce […] la lontananza degli dèi e l’erranza dell’uomo “. Cit. da Martin Heidegger, Sul principio, ed. or. 2005, Bompiani, Milano, 2006, p. 220.

[3] Il cristianesimo deve andare oltre il contingente, cioè aprirsi alle possibilità proposte dall’andare oltre la sola vita. Cfr. Ernesto Buonaiuti, Storia del Cristianesimo, Vol. III  EVO MODERNO, Dall’Oglio Editore, Milano, 1943, pp. 689-90.

[4] Jean Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, ed. or. 1976, Feltrinelli, Milano, 1979, p. 8.

[5] Luigi Zoja, La morte del prossimo, Einaudi, Torino, 2009.

[6] L’allontanamento di Dio è una di queste derive. Cfr. l’omelia di Natale 2017 per la Messa di mezzanotte in Cattedrale a Reggio Emilia e per la Messa del giorno nella Concattedrale di Guastalla del vescovo di Reggio Emilia-Guastalla Massimo Camisasca in http://reggionelweb.it/2017/12/santa-messa-natale-lomelia-del-vescovo-camisasca/.

[7] Laura Boella, Il coraggio dell’etica Per una nuova immaginazione morale, Raffaello Cortina, Milano, 2012, pp. 38-9.

[8] C’è nell’attualità una separazione del corpo dal resto della persona. Il lato carnale e sessualizzato è inoltre intrappolato nel contesto consumistico della nostra realtà. Cfr. Maria Giuseppina Pacilli, Quando le persone diventano cose Corpo e genere come uniche dimensioni di umanità, il Mulino, Bologna, 2014, p.164.

 

[9] Il mito della religione d’impresa o di quella del marchio ne sono alcuni esempi. Vedi Alain Deneault, La mediocrazia, Neri Pozza, Vicenza, 2017, pp. 15-6.

[10] Fede e oggettività non possono essere facce della stessa medaglia. Vedi Friedrich Nietzsche, Epistolario 1865 – 1900, Einaudi, Torino, 1962, p. 5.

[11] Anche se un po’ datato, un buon sunto di quanto in ambito filosofico è stato propugnato riguardo l’esistenza di Dio si può trovare in Anthony Kenny,  A new history of western philosophy, Volume IV, Clarendon Press, Oxford, 2007, pp. 291-318.

[12] Vasco Rossi, Manifesto futurista della nuova umanità, in Vivere o niente, EMI, 2011.

[13]L.E.Brouwer , Vita, arte e mistica, Milano, Adelphi, 2015, p.72.

[14] Jean Baudrillard, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà ?, Raffaello Cortina, Milano, 1996.

[15] E.M. Cioran, Un apolide metafisico, ed.or. 1995, Adelphi, Milano, 2004, p. 122, cit.

[16]Elémire Zolla, Storia del fantasticare, Bompiani, Milano, 1964, p. 24.

[17] http://www.quotidiano.net/magazine/tempo-sonno-stress-1.3579437.

[18] https://thebaffler.com/salvos/the-globalized-jitters-penny.

[19] Marlene Kuntz, Ricoveri virtuali e sexy solitudini, Sony Music, 2010.

[20] Delle varie potenzialità della tecnologia, in realtà, l’uomo ne sfrutta solo una minima parte. Cfr. Massimo Mantellini, Bassa risoluzione, Einaudi, Torino, 2018, p. 125.

[21] Per Maria Chiara Carrozza siamo nel mezzo di uno scenario di quarta rivoluzione industriale, dove è importante che le rivoluzioni scientifiche e tecnologiche in atto si confrontino al contesto umano attuale. Vedi Maria Chiara Carrozza, I Robot e noi, il Mulino, Bologna, 2017, pp. 25-6.

[22] Mario Tozzi, Tecnobarocco Tecnologie inutili ed altri disastri, Torino, Einaudi, 2015, p. 5. Secondo l’autore la turbotecnologia si dipana con un’intensità e velocità esagerate. Sarebbe auspicabile meno quantità che, non vuol per forza dire, meno qualità. Cfr. Mario Tozzi, op. cit., p. 186.

[23] Giovanni Ziccardi, Il libro digitale dei morti, Utet, Milano, 2017, p. 39.

[24] Per papa Francesco c’è, nell’attualità, il pericolo che l’economia vada sempre più a braccetto con una mera e feroce speculazione. Vedi http://www.corriere.it/politica/17_maggio_27/papa-all-ilva-genova-quando-economia-diventa-speculazione-spietata-a246eed0-42ae-11e7-bf8f-efa16b87b247.shtml.

[25] La genesi della misura economica della nostra vita democratica è ben evidenziata in Roberto Calasso, L’innominabile attuale, Adelphi, Milano, pp. 43-4.

[26] Demetrio Paparoni, Il corpo vedente dell’arte, Castelvecchi, Roma, 1997, pp. 26-7.

[27] Pierluigi Panza, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità finanziaria, Guerini e Associati, Milano, 2015, p. 13, cit.

[28] Martin Heidegger, Il rapporto dell’uomo odierno con l’arte, in Martin Heidegger, Discorsi e altre testimonianze del cammino di una vita 1910 – 1976, ed. or. 2000, Il Nuovo Melangolo, Genova, 2005, p. 521.

[29] ” Il crossover ci dice con chiarezza che, per essere fino in fondo contemporanei, non bisogna coincidere con il contesto in cui ci si muove, ma occorre consegnarsi a scarti, a non-coincidenze, a discronie. Bisogna quindi smontare l’impalcatura delle cronologie. Mettere in scena relazioni tra epoche lontane. Non tenere lo sguardo fisso sul sorriso demente della cronaca, né inseguire le oscillazioni del gusto “. Tomaso Montanari – Vincenzo Trione, Contro le mostre, Einaudi, Torino, 2017, p. 111, cit.

[30] Demetrio Paparoni, op. cit., p. 78.

[31] Secondo Derrick de Kerckhove” L’intelligenza artificiale è una rivoluzione epistemologica di esternalizzazione dei nostri contenuti “. Cit. da http://www.linkiesta.it/it/article/2017/06/23/de-kerckhove-benvenuti-nella-datacrazia-il-mondo-governato-dagli-algor/34689/. Vedi anche Michael Brooks, L’intelligenza artificiale dominerà del nostre vite ?, Internazionale , n. 1232, 24 novembre 2017, pp. 52-58 e Rodney Brooks, I miti sui sistemi intelligenti, Internazionale , n. 1232, 24 novembre 2017, pp.59-61. Uno dei quesiti ancora irrisolti è la consapevolezza o la coscienza che potranno avere le intelligenze artificiali. Vedi intervista a Antonio Fasoli in Chiara Clemente, Anche gli androidi sognano, QN, 12 gennaio 2018, p.23.

[32]http://www.independent.co.uk/life-style/gadgets-and-tech/news/stephen-hawking-artificial-intelligence-fears-ai-will-replace-humans-virus-life-a8034341.html.

[33]Giorgio Agamben, Che cos’è il contemporaneo ?, Milano, Nottetempo, 2008.

[34] Non potrebbe essere più chiaro Joel P. Brereton, quando afferma che ” Lo spazio sacro […] comprende sia i luoghi costruiti per scopi religiosi, […] sia i luoghi naturali ai quali viene attribuito un significato religioso […] “. Il legame tra divino, ambiente e peculiarità umana è ribadito quando sostiene che ” Conferendo ad essi una forma visibile, il luogo sacro rende tangibile l’identità profonda che unisce un popolo al suo mondo”. Vedi Joel P. Brereton, Spazio sacro, in Mircea Eliade ( a cura di ), Oggetto e modalità della credenza religiosa, ed. or. 1986, sta in Enciclopedia delle religioni, Vol. 1, Milano, Jaca Book, 1993, p. 523, 533 cit.

[35] Massimo Raveri, Itinerari nel sacro, ed. or. 1984, Venezia, Libreria Editrice Cafoscarina, 2006, p. 11.

[36] Il rapporto tra sacro e scienze umane è ben indagato in Stefano Tomelleri – Martino Doni ( a cura di ), Sociologia del sacro Emozioni, credenze, miti e liturgie nelle scienze umane, Brescia, Edizioni Morcelliana, 2009.

[37] Una riflessione tra natura e pensiero religioso, basata su vari autori anche non cristiani, si può trovare in Alexandre Ganoczy, Teologia della natura, ed. or. 1992, Brescia, Queriniana, 1996.

[38] Per Rudolf Otto ogni uomo ha una disposizione interiore abilitata a fare l’esperienza del sacro. Cfr. Rudolf Otto, Das Heilige, ed. or. 1917,  in A.N. Terrin ( a cura di ), Il sacro, Brescia, Editrice Morcelliana, 2010. Su questo libro e la sua portata rivoluzionaria negli studi religiosi rimando all’articolo di Andrea Aguti https://www.avvenire.it/agora/pagine/sacr-434910b363104998872b79ed6bb6bbb7. Non può mancare un riferimento anche al bel saggio di Piero Martinetti, Il fondamento della religione secondo Rudolf Otto, estratto dalla « Rivista di filosofia », n.1, Lodi, Tip. Editrice G. Biancardi, Gennaio 1931.

[39] Umberto Galimberti, Cristianesimo La religione dal cielo vuoto, Milano, Feltrinelli, 2012, p.36.

[40] Felice Cimatti, Il possibile e il reale Il sacro dopo la morte di Dio, Torino, Codice, 2009.

[41] Evangelista Vilanova, La religiosità romantica, ed. or. 1992, in Id., Storia della teologia cristiana, Vol. 3, Borla, Roma, 1995, p. 248-249; Paolo D’Angelo ( a cura di ), La natura e il sacro. Teorie romantiche della pittura, Milano, Guerini e Associati, 2000 e Maddalena Mazzocut-Mis, Figure modelli del Romanticismo, ed. or. 1996, in Elio Franzini-Maddalena Mazzocut-Mis, Estetica I nomi, i concetti, le correnti, pp. 56-9, Pearson Paravia Bruno Mondadori, Milano, 2000.

[42] Su tale tematica legata principalmente ma non solo all’ambito artistico vedi Elio Franzini, Il sublime come idea estetica in http://mimesisedizioni.it/journals/index.php/studi-di-estetica/article/view/406/701.

[43] R. W. Emerson, Natura, ed. or. 1836, trad. it. Massimo Lollini, in Pier Cesare Bori ( a cura di ), R. W. Emerson, Natura e teologia, Genova – Milano, Marietti, 2010, pp. 7 – 64. In tale testo molto interessante pare l’interpretazione del curatore, che vede la natura interpretata da Emerson come una realtà a cui l’uomo, quando si presenterà effettivamente, dovrà sottomettersi e obbedire. In tal modo tornerà evidente la sapienza primordiale della Scrittura. Vedi Postfazione, pp. 187 – 208.

[44]R.W.Emerson, Discorso alla Facoltà di Teologia, 15 luglio 1838.  Vedi http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/varia/emerson4.htm

[45] Henry David Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi, ed. or. 1854, a cura di Franco Venturi, Milano, La Vita Felice, 2016.

[46] Henry David Thoreau, I boschi del Maine – Ktaadn, ed. or. 1864, trad. it. K. Pendergast e A. Raguso, a cura di Frano Venturi, Milano, La Vita Felice, 2010, pp. 169 – 171 e 191-3. R.W.Emerson, Discorso alla Facoltà di Teologia, 15 luglio 1838. Vedi http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/varia/emerson4.htm

[47] Ernst Jünger, Der Waldgang, ed. or. 1980, trad. it. F. Bovoli, Trattato del ribelle, Milano, Adelphi, 2007.

[48] Mircea Eliade, Prefazione, in La nostalgia delle origini Storia e significato nella religione, ed. or. 1969, trad. it. Adriana Crespi Bortolini, Brescia, Morcelliana, 2000, p. 9.

[49] James G. Frazer, The Golden Bough , ed. or. 1922, trad. it. di Nicoletta Rosati Bizzotto, Roma, Newton & Compton, 2013, pp. 781-2.

[50] Mircea Eliade, op. cit., pp. 21-22. Vedi anche Prefazione, pp. 7- 11.

[51] Julien Ries, Il senso del sacro nelle culture e nelle religioni, ed. or. 1986, trad. it. di Riccardo Nanini, Milano, Jaca Book, 2006, p. 83 – 85.

[52] Massimo Donà, La terra e il sacro, Mimesis, Milano, 2011.

[53] Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, ed. or. 1948, Torino, Bollati Boringhieri, 1999.

[54] Martin Heidegger, Discorso a tavola alla festa della prima messa del nipote Heinrich Heidegger ( 1958 ), in Martin Heidegger, op. cit., 2005, p. 442.

[55] Julien Reis, Opera omnia. Vol. 1: I cristiani e le religioni, Milano, Jaca Book, pp. 425-7. L’autore ricorda come nell’esperienza del sacro si manifesti un’unità spirituale dell’umanità. L’homo religiosus vuole cogliere la realtà trascendente che si presenta nel mondo. Tale manifestazione è diversa da quella della contingenza e lo porta verso una peculiare esistenza.

[56] Demetrio Paparoni, op. cit., cit. p. 40.

[57] http://www.treccani.it/vocabolario/sublime/

[58] http://www.treccani.it/enciclopedia/sublime_%28Dizionario-di-filosofia%29/

[59] Jean-François Lyotard, Leçons sur l’analytique du sublime, Paris, Éditions Galilée, 1991.

[60] Ezio Puglia, Residui spettrali. Archeologia e critica di un non-concetto, in Ezio Puglia, Massimo Fusillo, Stefano Lazzarin, Angelo M. Mangini ( a cura di ), Ritorni spettrali Storie e teorie della spettralità senza fantasmi, Bologna, il Mulino, 2018, pag. 63.

[61] CCCP – Fedeli alla linea, Io sto bene, in 1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi – Del conseguimento della maggiore età, Attack Punk Records, 1986.